Giuseppe Ciancabilla

VIVA  BRESCI !


100 pp • € 6,00




Gaetano Bresci e Giuseppe Ciancabilla. Su di loro è sempre aleggiato il sospetto di essere stati complici in uno dei più celebri assassini della storia, avvenuto la sera del 29 luglio 1900 a Monza — quello di Umberto I, freddato con tre colpi di rivoltella dall’anarchico venuto dall’America.

Subito dopo la morte del re, in tutta Italia si scatenò la caccia all’anarchico. I giornali evocarono complotti, ipotizzando perfino un’estrazione a sorte fatta fra gli anarchici italiani emigrati a Paterson, per stabilire chi dovesse ammazzare il monarca. Tutte sciocchezze. Gli anarchici non sono soldatini usi ad obbedir tacendo. E un simile atto lo si compie non su mandato del caso, bensì sulla spinta di una decisione irrevocabile presa in piena coscienza. Ma gli inquirenti non avevano dubbi: Bresci non era stato che il braccio dell’azione omicida. Quanto alla mente, i loro sospetti si concentrarono soprattutto su Ciancabilla, che proprio a Paterson dirigeva il giornale anarchico L’Aurora.

Abbiamo qui raccolto gli articoli che l’anarchico di Roma dedicò al suo compagno di Prato, di cui seguirà con commozione tutto il calvario fino all’epilogo, fino alla macabra messinscena in carcere del suo “suicidio”.  Mentre i socialisti, parlamentari e anarchici, si affrettarono a condannare il regicidio, Ciancabilla non esitò ad esaltare il gesto di Bresci, ad insultarne i detrattori, a difenderne la memoria, ad invocarne la vendetta. Per primo lanciò a voce alta quel grido — Viva Bresci!  — che dopo quel 29 luglio si diffuse nell’intero paese in ogni ambito sociale. Sono due parole, sono dieci lettere che da oltre un secolo esprimono la rivolta dell’individuo contro il potere.

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